L’IPERTENSIONE ARTERIOSA

L’ipertensione arteriosa è un disturbo molto diffuso nella popolazione mondiale, caratterizzato da valori più elevati della pressione arteriosa, rispetto al riconosciuto standard di 140/90

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Gruppo Samed
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L’ipertensione arteriosa è un disturbo molto diffuso nella popolazione mondiale, caratterizzato da valori più elevati della pressione arteriosa, rispetto al riconosciuto standard di 140/90. Si definisce anomalo un valore più alto dello standard sia a carico della pressione sistolica (PA max) che della diastolica (PA min.). Onde escludere casi di falsa positività, bisogna essere certi del buon rilievo tecnico dei valori, e non è superfluo evidenziare la necessità di un uso ottimale degli strumenti, con bracciali di misura appropriata alle dimensioni anatomiche dei pazienti obesi, gracili o dei bambini, nonché la necessita di un’adeguata preparazione dei pazienti e, da parte del Medico, la realizzazione di diversi controlli distanziati anche nel corso della stessa visita.

I livelli pressori elencati dal WHO-ISH del 1999, per la classificazione della sua gravita sono i seguenti:

  • Pressione ottimale: < 120 <80
  • Normale: < 130 <85
  •  Ipertensione di I grado (lieve) 140-159 90-99
  • II grado(moderata) 160-179. 100-109
  •  III grado(severa) >180. >110
  •  borderline sistolica. 140. <90

Se uno dei due valori (sist./diast.) rientrano in categorie diverse, la classificazione va fatta sulla categoria maggiore, e se non si raggiunge la desiderata certezza sui valori riscontrati, si fa ricorso al monitoraggio nelle 24 ore, con Holter pressorio, che può completare le nostre informazioni con altri preziosi dati e permetterci il controllo sull’efficacia terapeutica, nel caso di trattamenti già avviati.

 

Ipertensione primaria

L’ ipertensione che non riconosce una causa apparente, salvo il riconoscimento di un fattore di familiarità genetica, viene definita essenziale, e rappresenta all’incirca il 95% dei casi totali, come ormai ammettono tutti gli studi più autorevoli. Sintomi più comuni: astenia e cefalea, in assenza di segni di sofferenza di organi ed apparati. Si tratta della forma più diffusa e va affrontata, sin dalle prime fasi, con impegno terapeutico adeguato, in quanto è universalmente ammessa la sua importanza nella predisposizione a varie patologie cardio-vascolari (Ictus, IMA, Ipertrofia ventricolare sinistra, sindromi aritmiche), ponendola tra i massimi fattori di rischio cardio-vascolare.

 

L’ipertensione secondaria

L’ipertensione secondaria va sospettata soprattutto in età giovanile, è meno sensibile alla risposta terapeutica e si presenta sovente in forma accessionale e, in qualcuna di esse, imprime nell’aspetto dei pazienti delle stimmate distintive (come nel M. di Cushing).

Le forme più frequenti sono le ipertensioni nefrogene, legate a patologie renali transitorie (flogosi acute e sub-acute, malformazioni trattabili con tempestiva terapia chirurgica, calcolosi), o definitive del parenchima (rene grinzo, policistico o forme di flogosi cronicizzata) e quelle reno-vascolari causate da stenosi di una o di entrambe le arterie renali (trattabili anche queste in sede angio-chirurgica, con possibilità di recupero sub totale). La diagnosi delle forme ipertensive nefrogene va posta, al primo sospetto clinico (età abitualmente giovanile! valori elevati, eventuali reperti semeiologici nell’ascolto dell’addome), con approfondimenti strumentali (ecocolor doppler dei vasi renali) e di laboratorio (studio della funzione renale, reninemia, elettroliti plasmatici ed esami generali). Altri esami diagnostici , a completamento, sono l’esame del fundus oculare, l’ECG basale, e, nei casi dubbi, ECG da sforzo e Holter, Ecocardio per la valutazione della funzione ventricolare, l’Ecocolor-doppler dei tronchi sopra-aortici e degli arti inferiori per eventuali stenosi. Un’altra forma di ipertesione è quella secondaria alla nefropatia diabetica. Questa, consistente in una fibro-sclerosi glomerulare conseguente ad alterazioni metaboliche ed emodinamiche, si manifesta con albuminuria ingravescente nel tempo ed esita in insufficienza renale determinante o aggravante uno stato ipertensivo.

Le ipertensioni endocrine sono quelle causate da produzioni di ormoni che agiscono direttamente sul fattore ipertensivo. Sono quelle conseguenti al feocromocitoma, alla sindrome di cushing e all’iperaldsteronismo primario. Nel primo caso, la sintomatologia caratteristica è causata da una neoplasia della midollare del surrene ( benigna nel 90% dei casi) operabile, manifestantesi con puntate ipertensive transitorie con ricco corteo di sintomi ( cefalea pulsante ,malessere profondo, sudorazione intensa, ansia, pallore ed astenia), dovute a increzioni di catecolamine (tra cui adrenalina e noradrenalina, neuro-trasmettitori del sistema ortosimpatico, causandone vivace effetto attivatore). La diagnosi viene confermata dalla ricerca delle catecolamine plasmatiche ed urinarie o dei loro metaboliti, quale l’acido vanilmandelico. I casi tipici sono seguiti da stato ipotensivo marcato. Nell’iperaldosteronismo primario, il disturbo ipertensivo è causato da un’abnorme produzione di aldosterone, proveniente dalla zona glomerulare del surrene, per adenoma o iperplasia surrenale. In genere causa un’ipertensione di grado moderato e continua che può associarsi, se non precocemente trattato ad astenia, polidipsia, poliuria e parestesie e, costantemente a ipopotassiemia. Il reperto ipokaliemico deve suggerire la ricerca dell’ aldosterone, dopo almeno tre settimane di sospensione della terapia diuretica. La sindrome di Cushing è causata da un tumore ipofisario, che secerne ACTH con produzione di cortisolo. Si verificano modeste elevazioni dei valori pressori e si riscontrano nei pazienti caratteristiche stigmate somatiche coesistenti in irsutismo, caduta de capelli, strie rubre cutanee, perdita di tono muscolare, irritabilità, formazione di collare lipidico, osteoporosi e, nelle donne, amenorrea). Anche quest’affezione è trattabile chirurgicamente in Centri specializzati. Si arriva alla diagnosi col dosaggio del cortisolo plasmatico e con il test di soppressione della cortisolemia con desametazone. Con valori tra 5 e 9ng/ml o piu’ il risultato si intende positivo e si prosegue per altre ricerche, quali l’ACTH, TAC e RM.

 

La terapia della ipertensione arteriosa

Prima di trattare della terapia farmacologica, è opportuno anteporre alcune premesse di ordine pratico.

1) Lo scopo della terapia dovrebbe essere orientato, oltre alla riduzione dei valori pressori, alla riduzione degli eventuali fattori di rischio ad essi connessi, e quindi è d’uopo trattare disturbi cardio-vascolari già presenti all’inizio del trattamento.

2) Responsabilizzare e coinvolgere, con azione diretta il paziente onde evitare autoriduzioni, specialmente per l’uso di farmaci con effetti non eliminabili, quali l’astenia e l’impotenza.

3) Adottare un controllo dietetico orientato alla riduzione dell’apporto salino, delle bevande alcoliche e dei nervini

4) Consigliare una più accurata igiene di vita con l’inclusione di una moderata attività fisica, riduzione del superlavoro di occasioni di stress ed eliminazione, dove possibile, del fumo.